ARTI E MESTIERI

Il nostro patrimonio

IL MULINO DI SANTA LIBERA E LE ROGGE DEL VESÈS

Le ruote del Mulino di Santa Libera, a Salzàn di Santa Giustina, girano ancora, mosse dalle acque della roggia alimentata dal torrente Vesès. Il mulino, attivo già nel 1526, era in grado di macinare dodici quintali di frumento e altrettanti di granturco. L’edificio ospitava l’attrezzatura per la molitura al piano terra e il granaio al piano superiore.

La roggia di Ignan-Salzan (o del Molino), che corre a fianco della ciclabile fino alla passerella sul Vesès, è l’unica ancora utilizzata. In passato ve ne erano tre e lungo il Veses funzionarono fino a ventiquattro ruote ad acqua che azionavano magli, mole, mulini, segherie e folli da panno. Il sentiero tematico “Via Dell’Acqua” ripercorre questa storia dai piedi del monte Pizzocco fino all’antico mulino di Santa Libera.

BORGO PIAVE, IL PORTO DEGLI ZATTIERI

Oltrepassato il Ponte della Vittoria, sul muro di via Unièra del Zatèr si viene colpiti da una serie di murales realizzati dall’artista Marta Farina: rappresentano la storia degli Zattieri del Piave, i coraggiosi naviganti che trasportavano legname, merci e persone lungo il Piave da Perarolo fino a Venezia.

Tra i numerosi porti fluviali sul Piave, uno dei più importanti era proprio quello di Borgo Piave, a Belluno. Si entra nel quartiere scendendo lungo via Riva San Nicolò, su cui si affaccia l’elegante, quattrocentesco palazzo Secco, con decorazione a fresco del ‘500. Si entra poi nella deliziosa piazzetta, con la chiesa di San Nicolò, protettore degli zattieri, eretta nel 1361 e successivamente modificata fino all’attuale veste neoclassica. Sul sagrato si conservano le colonne di attracco delle zattere.

LE CALCHERE

Semplici costruzioni in sassi a forma di tino rovesciato e parzialmente interrate, usate un tempo per la produzione della calce, le calchere erano molto diffuse in Val Belluna fino agli anni cinquanta del secolo scorso. Una di queste si trova in località Bardies, a poca distanza dal tracciato dell’Anello della Val Belluna.
E’ stata recuperata e viene mantenuta grazie alla preziosa opera del gruppo Natura Lentiai.

Le antiche calchere erano collocate in prossimità degli alvei dei torrenti, dai quali si prelevavano i sassi di roccia calcarea. Dopo averli “cotti” per alcuni giorni, utilizzando la ramaglia rimasta a conclusione del lavoro dei boschi, i sassi erano fatti reagire in acqua, gettandoli in una buca profonda per ricavarne la calce idrata.

Non tossica e notoriamente antisettica e igienizzante, la calce così ottenuta era utilizzata per ottenere malta da costruzione, per disinfestare le stalle, imbiancare le abitazioni o proteggere i semi e le piante dai parassiti.

Molto famose in tutta l’area bellunese erano le calchere della Val Canzoi.  Grazie agli interventi di recupero e di conservazione curati dal Parco delle Dolomiti Bellunesi, alcuni di questi manufatti continueranno a tramandare la memoria di questo antico mestiere.

LE CHIESE DI LENTIAI E BARDIÈS

Obbligatoria una sosta a Lentiài, per visitare la chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta, risalente al 1200, ma completamente ricostruita nella seconda metà del ‘500. All’interno due sono le opere di massimo rilievo: il soffitto ligneo a cassettoni (1577) con le Storie della Madonna dipinte da Cesare Vecellio, e il polittico dell’Assunta, composto da dieci tele e realizzato (metà del ‘500) nella bottega di Tiziano. E proprio l’immagine del vescovo Tiziano – in basso a sinistra guardando il polittico – viene attribuita a Tiziano Vecellio. Sono poi presenti opere di Giovanni da Mel, Cesare Vecellio, Palma il Giovane.

Di non minore bellezza la piccola chiesa trecentesca di Sant’Antonio Abate a Bardiès, una delle chiese più interessanti e suggestive del territorio, interamente affrescata con le vicende del santo, narrate, in diciotto riquadri, da Giovanni da Mel e Cesare Vecellio.

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